Dopo la morte, un uomo si presentò davanti al Signore. Con molta fierezza gli mostrò le mani.
"Signore, guarda come sono pulite le mie mani!".
Il Signore gli sorrise, ma con un velo di tristezza, disse: "E' vero, ma sono anche vuote".
Lo scrittore russo Dostoevskij racconta la storia di una signora ricca ma molto avara che, appena morta, si trovò davanti un diavolaccio che la gettò nel mare di fuoco dell'inferno.
Il suo angelo custode cominciò disperatamente a pensare se per caso non esisteva qualche motivo che poteva salvaria.
Finalmente si ricordò di un lontano avvenimento e disse a Dio:
" Una volta la signora regalò una cipolla del suo orto a un povero".
Dio sorrise all'angelo:
"Bene. Grazie a quella cipolla si potrà salvare. Prendi la cipolla e sporgiti sul mare di fuoco in modo che la signora possa afferrarla, poi tirala su. Se la tua signora rimarrà saldamente attaccata alla sua unica opera buona potrà essere tirata fino in paradiso".
L'angelo si sporse più che poté sul mare di fuoco e gridò alla donna:
"Presto, attaccati alla cipolla".
Così fece la signora e subito cominciò a salire verso il cielo.
Ma uno dei condannati si afferrò all'orlo del suo abito e fu sollevato in alto con lei; un altro peccatore si attaccò al piede del primo e salì anche lui. Presto si formò una lunga coda di persone che salivano verso il paradiso attaccate alla signora aggrappata alla cipolla tenuta dall'angelo.
I diavoli era preoccupatissimi, perché l'inferno si stava praticamente svuotando, incollato alla cipolla.
La lunghissima fila arrivò fino ai cancelli del paradiso. La signora, però, era proprio un'avaraccia incorreggibile e, in quel momento, si accorse della fila di peccatori attaccati al suo abito e strillò irritata:
"La cipolla è mia! Solo mia! Lasciatemi...".
In quel preciso istante la cipolla si sbriciolò e la donna, con tutto il suo seguito, precipitò nel mare di fuoco.
Sconsolato, davanti ai cancelli del paradiso, rimase solo l'angelo custode.
Riempiamo le mani di altre mani. E stringiamole forte.
Ci salveremo insieme, o non ci salveremo.
Bruno Ferrero, Cerchi nell’acqua